mercoledì 4 aprile 2012

Ministra, non sei la benvenuta a Racalmuto

(almeno per me, per gli onesti racalmutesi che la pensano come me e che spero siano la quasi totalità )

Che ci vieni a raccontare, che siamo stati discoli che abbiamo permesso infiltrazioni mafiose, che ci chiedi scusa se lo Stato, assente nel passato per non averci bacchettato, è presente ora per toglierci (o differirci, che è la stessa cosa) il diritto sacrosanto di sceglierci noi  - amministrati e tartassati – i nostri amministratori.

Vuoi farci capire che i nostri eletti non sono degni di gestirci? Ma da un anno un “missus panormitanus” ci regge e governa (una volta la settimana, salvo malattia, pare a 4 mila euro al mese) ed i risultati credo che li faremo valutare nelle competenti sedi. Già perché non capisco come si possono dare 10 mila euro ad un inquisito (poi assolto sia chiaro) e negare ogni contributo a chi propone recuperi di patrimoni archivistici che stanno finendo in pasto ai topi, utilizzo di locali di cui improvvidi usi ne determineranno l’esproprio con citazione per danni, venendo disatteso il vincolo di destinazione di un legato testamentario, di chi propone i debiti riconoscimenti pubblici al gloriosissimo Mutuo Soccorso (almeno che lo si voglia discriminare perché sbeffeggiato dal grande Sciascia). Minuzzaglie queste, ma per le cose serie vi sarà tempo e luogo. Racalmuto non è Regalpetra, ma ha menti elette (taluna magari “fuoriuscita” ma tante ancora “stanziali”): certo, ministra, stai troppo lontano e troppo in alto per queste pinzellacchere. Non ne sei informata. Non scruti tra i commenti di tal REGALPETRA LIBERA e questo blog esce da poco per apprezzarlo (ma guarda che siamo quasi a 1200 accessi in pochi giorni – e ne diremo delle belle).

La tua Triade di Diomede – che è tua, mentre per i gialli ed i benemeriti non so dove arriva la tua competenza – ha chiuso in una “stanza accanto” documenti, libri, fascicoli, impedendo a cittadini come me di appurare se i tagliandi dei bollettini  postali del versamento ICI erano regolarmente protocollati. E ciò mi serviva per dimostrare che l’ufficio tributi faceva accertamenti a vanvera (sospetto per quadrare gli equilibri finanziari del bilancio di un’azienda con 232 assunti, di cui 84 a ruolo, 68 LSU e 80 a contratto: spesa annua oltre 5 milioni di euro rifusi in parte con 1.200.000 euro dalla Regione, cuccagna peraltro in fase di smantellamento per la nota follia del federalismo fiscale).  Nel 2004 avevo propinato il veleno di una mia disamina del bilancio di allora; c’era di tutto, di più: quello che non c’era, erano significative infiltrazioni mafiose. Sai perché, ministra? Perché a Racalmuto manca una mafia egemone. Qualche rada apparizione con l’abigeato del ’23, qualche comica nel ’56 – tempo del biancofiore cui appartiene qualche vecchio ex sindaco che oggi ritiene di riesumarsi - allorché alle ACLI giunsero a braccetto un sotto segretario ai trasporti, Genco Russo – sì, quello - un questore ed altri accoliti che non ricordo: il sottosegretario dispensava patenti gratis, Genco Russo baciava in bocca soggetti oggi defunti, il questore assicurava la presenza di uno Stato annuente. Non è vero quindi che a Racalmuto lo Stato è sempre stato assente. Tu ministra non fai parte di quella pasta, quindi non venire, altrimenti passi agli annali racalmutesi – che storici protervi raccolgono e tramandano magari senza la sintesi di Tacito.

Alla tua Triade di Diomede rammenta che un tempo qualcosa di analogo a quello di chiudere le carte nella ”stanza accanto” e andarsene, avvenne: erano i tempi della sparizione del mio amico Delfino. Scattò una interrogazione parlamentare (se vuoi saperlo, da me ispirata): l’interrogazione rimase senza risposta ma le carte tornarono al loro posto. Purtroppo rimane ancora senza risposta che fine ha fatto Fofò Delfino: abilità somma della mafia fare restare senza risposta la fine di un tecnico comunale di Racalmuto? Distrazione, perché troppo occupati a costruire abili “giochi di potere” per “schiticchiate” equivoche o infiltrazioni mafiose per far da compari di nozze nei tiasi dei mafiosi condannati all’ergastolo di Racalmuto? A sproposito, quella Triade di Diomede quanto è costata alle esauste casse racalmutesi? E tutto questo per farti venire a Racalmuto, ministra, a dimostrare che finalmente lo Stato è presente? Ma ci sono le infiltrazioni mafiose!, dirai: guarda che cosa scrive l’ex sindaco Petrotto: un tuo ravvedimento operoso sarebbe bello. Informati, accerta, controbatti; gli ispettori della Banca d’Italia, che eravamo i migliori, sbagliavano: possono sbagliare anche le tue triadi. Ma tu vieni a propinarci un’altra triade – quella che io già chiamo TRIADE CAPITOLINA - fatta ovviamente di gente che di Racalmuto nulla sa, salvo quello che scrivono improvvidi Autori autoctoni. Rastremeranno le nostre sempre più esauste casse di altre 288 mila euro. Perché non dici all’assessora palermitana che non può bloccare le nostre elezioni comunali senza che ancora sia stata pubblicata una qualche riga nella Gazzetta Ufficiale (e ciò vale anche se ignoro le pubblicazioni di stato)? Che bisogno c’è di sciogliere un Consiglio comunale che scade tra un mese? Non abbiamo l’organo apicale e monocratico - il sindaco -  da controllare perché c’è il commissario regionale? Ed ammesso che questi signori consiglieri comunali siano infiltrati, perché privare noi onesti cittadini del nostro sacrosanto diritto di voto? Per scongiurare il pericolo – tutto nella mente della triade di Diomede – che infiltrati possano fare chissà che in un mese, punisci – insieme all’assessora – una collettività che è la migliore del mondo, che è saggia, che abborre la mafia, che è parsimoniosa, che è ligia alle leggi?  Una colpa: è indolente e lascia spesso che la moneta cattiva (talora, forse, solo cretina) prenda il posto della buona.

Racalmuto ha sempre pagato tanto per eccesso di intelligenza e per anarchica indifferenza. Parola di un microstorico.

Calogero Taverna
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1 commento:

  1. Scrivo qui per rindondere lì (e ciò perché lì non posso e non voglio più scrivere perché mi si dà dell'alienato e dello scnclusionato e non mi si consente di rispondere con la scusa che non son breve e che quello non è luogo di scontro, quando lo scontro viene lì consentito agli altri e grevemente). Dunque la storiella del caciummo è sapida e bene scritta. Ma io l'avrei voluta completa. Pare che il caciummo fosse tanto a Sant'Anna e da tempo immemorabile quell'estratto diveniva "astratto". I contadini nel dopoguerra lo vendettero maggiorato e di molto ad un nobilotto di paese. Questi ne confezionò un "camion" ma a "cridenza", se lo portò a Milano o al Nord, incassò molti soldi ma ai commercianti creditori diede un bel nulla. Ristaru ad aviri. L'antenato di don Niniddu aveva bleffato in una inchiesta come quella della Triade di Diomede. Portato in Comune il suo peculio con tanti "marenghi d'oro" o preziosi del genere e soldi suoi disorientò gli inquirenti dimostrando che nulla mancava: la gloriosa egemonia dei Matrona la fece franca, il malversatore (o uno solo) ebbe una denuncia ma ancora il processo deve celebrarsi. Purtroppo gli ex sindaci di ora non sono galantuomini come quelli di allora e la ministra li bacchetterà.
    Mi dispiace per i moralisti dell'ultima ora: forse dovrebbero ritrovarsi nella favoletta che ho raccontato. Citavo ALSO SPRACH ZARATHUSTRA:"Ciò che il padre ha taciuto, vien fuori nel figlio; e spesso ho trovato che il figlio era l segreto rivelato del padre". Questi versi . insieme a tanti altri, persino più acconci - non sono stati pubblicati per un malinteso in famiglia
    Calogero Taverna

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