giovedì 15 novembre 2012

IL FRINIRE DEL GRILLO


Che fatto strano, ancora a pensarci non so se sia stato qualcosa di veramente accaduto o semplicemente un sogno. Ma tanto vale raccontarlo. Il 27 del mese scorso, ottobre, mi trovavo la sera tardi a Racalmuto, a passeggiare da solo in piazza. Ero assorto nei miei pensieri e mi godevo la vista del paese deserto. Avevo appena superato l’imbocco della via Matrona  e mi apprestavo a percorrere il tratto davanti la Matrice e girare a destra sfociando in quel pezzo di corso che viene chiamato la “chiazza”.

I lampioni gialli accesi davano una luce incerta per definire i dettagli. Tanto che quella figura, addossata alla statua di Leonardo Sciascia mi sembrò più un’ombra che una persona in carne e ossa. Ne percepivo, con gli occhi, i contorni e i piccoli movimenti, ma non distinguevo chi fosse. Affrettai il passo per raggiungerla e, giunto a pochi metri, spontanea dalla bocca partì un’esclamazione: Beppe Grillo! Non mi sembrava possibile, se non fossi stato certo della buona salute del comico, adesso politico, che pochi giorni prima aveva attraversato lo stretto di Messina a nuoto, vista l’ora tarda, le 23,50 circa, avrei potuto pensare si trattasse di un fantasma. Invece era proprio lui, in carne e ossa.

Mi fermai davanti e lo salutai, chiamandolo per nome. Gentilmente mi rispose, rimanendo accanto alla statua di bronzo del nostro amato Sciascia. Il suo braccio sinistro stava sulla spalla dello scrittore e come due vecchi amici, che sembrano comprendersi anche senza parlare, stavano così, come a condividere pensieri e scambiarsi opinioni magari su un paese che, per certi versi, avrebbe potuto pure accomunarli. Si staccò per venirmi incontro e assieme ci spostammo verso quelle due sedie che, forse non a caso, Tommy aveva dimenticato fuori prima di chiudere il suo bar. Non mi sembrava vero stare accanto a Grillo e  poter chiedere tutto ciò che avrei voluto sapere.

Le mie domande si rivolsero verso i problemi sociali, gli ideali e i programmi di un movimento nato da poco e che in così poco tempo aveva attecchito. Ovvio chiedere il motivo di tutto ciò. Beppe con aria sorniona, calma, mi disse che la gente era stanca di tutto quello che non andava da tanto, troppo tempo: corruzione, arrivismo, sete di potere, egoismo, menzogna e che lui, insieme ai suoi sostenitori rappresentava il nuovo alternativo, così si espresse. Io non volli contraddirlo ma tra me e me pensai che tanta esperienza andava ancora fatta e che un conto era la teoria e un altro la pratica che spesso si scontra con la realtà, ma non glielo dissi.

Volli fare un accenno a Racalmuto, tralasciando i problemi reali del paese, che Beppe ben conosceva e concentrandomi su quello che nell’immediato lui pensava si potesse fare. Non fece alcuna diagnosi, non prescrisse nessuna cura, si limitò solamente a dire che bisognava puntare sui giovani, vera risorsa e ricchezza di ogni paese e che spettava però a loro impegnarsi e dimostrare di poter rappresentare una significativa alternativa, una forza del nuovo. Concetti semplici, ovvi. Ma detti da Beppe Grillo apparivano come la giusta cura per tutti i mali.

L’aria si era fatta piuttosto frizzante, si decise di salutarci e avviarci ognuno verso direzioni diverse; io verso la Matrice, Beppe Grillo verso la piazzetta. Incamminandomi, dopo un po’ mi voltai per un ultimo cenno di saluto. La strada era deserta…

Racalmutese Fiero
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