venerdì 15 marzo 2013

VIVERE PER LAVORARE O LAVORARE PER VIVERE?


Esiste una frase abusata che dice: “Il lavoro nobilita l'uomo”. Mai di più attuale in un particolare periodo di crisi occupazionale nel quale molti giovani sono costretti ad accettare dei compromessi di scelta, se fortunati o a vagare tra un’agenzia di collocamento e un’altra alla ricerca di una qualunque occupazione che rischia di non arrivare. Saremmo disposti a svolgere qualunque attività pur di lavorare,   liberarci dalla noia, dall'ozio, renderci autonomi  e  dare uno scopo alla nostra esistenza. Ci risuona nella mente costantemente, come un tarlo  quanto importante sia il ruolo del lavoro nelle nostre vite.

Ma siamo così sicuri che nell'epoca contemporanea, l'era supertecnologica, il lavoro si possa ancora intendere come un valore aggiunto che serva a dare senso alla nostra vita? O piuttosto non sarà proprio il lavoro a immergerci in una realtà in cui il nostro fare è completamente sganciato da uno scopo? Non sarà che siamo pedine di un meccanismo senza coinvolgimento alcuno, rappresentando un qualunque ingranaggio di un sistema? L'artigiano di un tempo esprimeva se stesso attraverso la sua opera, il tecnico e il manager di oggi esprimono se stessi, oppure semplicemente l'impianto razionale del processo di produzione di cui fanno parte? È possibile immaginare, oggi, una dimensione lavorativa nella quale ognuno di noi possa testimoniare la sua unicità attraverso il proprio agire?

Il lavoro rappresenta ancora un quotidiano molto rilevante nella nostra vita, attraverso il quale diamo molto per scontato. Certezze che potrebbero sgretolarsi se pensassimo   quanto un lavoro, seppur gratificante e ben remunerato provochi in noi uno stress correlato.  Da considerare ,anche , le nuove generazioni, quelli  che portano il lavoro a casa, che non conoscono stacco dalle ore lavorative e relegano la loro vita privata a spazi ridotti che si risolvono, tutto sommato, come un’aggiunta di stress. Tutto viene vissuto con preoccupante frenesia: gli amici, la famiglia, i propri hobby. La mente è sempre rivolta al lavoro che sembra aspettarci come una scadenza e dal quale non riusciamo a staccarci. 

Alla lunga  questi comportamenti finiscono per condizionare ogni rapporto  e rendere difficile persino la convivenza con noi stessi. Siamo costantemente nervosi, preoccupati, ansiosi. Comportamenti che rischiano di sfociare in vere patologie. La società moderna, il ritmo dei manager, i giovani rampanti, gli arrampicatori, gli ambiziosi di carriere,  non si concedono  tregua e quel lavoro che prima ci appariva come una fortunata quanto incredibile soddisfacente conquista, rischia di tramutarsi in una trappola dalla quale non riusciamo a venirne fuori. Lo spazio vitale si riduce e la nevrosi o le malattie cardiovascolari possono fare la loro pericolosa comparsa.

Siamo ancora in tempo! Riappropriamoci della nostra vita, dei nostri spazi, concediamoci le giuste pause  e, se non stiamo lavorando, stacchiamo la spina e godiamo di una giornata, di una piacevole cena con gli amici o semplicemente, della compagnia della  persona cara. Questo ci salverà da un vortice pericoloso che rischia di risucchiare tutta la nostra esistenza. Lavorare con impegno e passione sì, ma per vivere e non vivere per lavorare.

Racalmutese Fiero
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